La Dea Madre
dalle origini alla protostoria

11 novembre 2013 – Francesco Simeti

Inno a Iside

Perché io sono colei che è prima e ultima
Io sono colei che è venerata e disprezzata,
Io sono colei che è prostituta e santa,
Io sono sposa e vergine,
Io sono madre e figlia,
Io sono le braccia di mia madre,
Io sono sterile, eppure sono numerosi i miei figli,
Io sono donna sposata e nubile,
Io sono Colei che dà alla luce e Colei che non ha mai partorito,
Io sono colei che consola dei dolori del parto.
Io sono sposa e sposo,
E il mio uomo nutrì la mia fertilità,
Io sono Madre di mio padre,
Io sono sorella di mio marito,
Ed egli è il figlio che ho respinto.
Rispettatemi sempre,
Poiché io sono colei che dà Scandalo e colei che Santifica.

(Rinvenuto a Nag Hammadi, Egitto; risalente al III-IV secolo a.C.)


conferenza sulla Dea Madre dell'11 novembre 2013Dagli studi del dott. Francesco Simeti riportiamo alcuni passaggi particolarmente significativi illustrati durante la conferenza dell’11 novembre 2013.

“…in tutta la preistoria a partire dal periodo interglaciale di 20.000 anni fa e in tutta l’area dell’Eurasia occidentale e del Medio-Oriente è stata costituita la religione della ‘grande madre’ che si manifestava nelle piante e negli animali, in quanto ‘generativa di vita’; la sua diffusione è avvenuta nell’ambiente post-glaciale…

…in questi territori si è sviluppato un sistema simbolico religioso discendente dalla preistoria nelle personificazioni della grande dea madre nelle piante e negli animali del canneto, Isthar= Ester=Astarte la dea ‘fior di loto’; Isis degli Egizi da cui rinasce Osiride è custode del nodo di vita, la dea-civetta da cui deriva Athena, la dea-vacca e della luna degli Indi, la dea dei serpenti e della colomba di Creta minoica, Ghe-meter dei popoli precedenti i Greci, corrispondente alla semita Cibele…

La religione della dea madre ha origine dall’epoca paleolitica; i suoi caratteri arcaici restano nelle figure dell’immaginario ed è possibile chiarire i suoi poteri religiosi attraverso la seriazione iconografica che si sviluppa parallelamente in tre tradizioni:

  • la cultura della Mesopotamia con la vita negli acquitrini, fra canne, loti, papiri, uccelli e pesci, che successivamente si è trasformata nell’immaginario della coltivazione delle ‘piccole canne’ dei cereali; quindi nella fondazione delle prime città. Presto è stata coperta dalla religione dagli invasori ariani;
  • la cultura dell’Egitto ha avuto invece un’evoluzione continua fino all’inizio dell’età cristiana;
  • la tradizione delle valli dell’Europa orientale e balcanica che ha mantenuto assai a lungo l’immaginario dell’epoca epi-paleolitica e si è trasferita nella simbologia religiosa dei Greci, degli Italici, dei Traci.

La dea è la donna fertile identificata con il sesso, porta della generazione, e con i seni, fonti di nutrimento della nuova vita: non è tanto oggetto del piacere sessuale quanto personificazione del potere creativo.

È la porta di ripetizione della cosmogonia primordiale, un potere sacro che si manifesta nel triangolo pubico.

In una raffigurazione femminile in avorio di mammuth, epoca gravettiana, dell’area danubiana, intorno a 22.000 anni a.C., Slovacchia, vi è la testimonianza esemplare dell’origine antichissima del culto della fertilità, nonché della riduzione dell’immagine di personificazione alle parti del corpo specifiche ed essenziali, per rappresentare il potere magico della generazione della vita…

Il materiale è ricavato dalle lunghe zanne arcuate di avorio bianco dei mammuth, che apparivano ‘forme della luna’ e quindi del potere generativo riconosciuto nelle donne; perciò con esso erano spesso costruiti gli idoli primordiali della grande dea!

In effetti secondo il pensiero magico arcaico nelle ossa, come nelle pietre, era chiuso lo spirito vitale sacro, che si manifestava nei grandi animali e si rigenerava attraverso il sesso ed il seno femminile; perciò stesso i popoli paleolitici costruivano ‘case’ con le ossa e le zanne di mammuth ricoperte della loro stesa pelle; come in un ritorno ‘alla grande madre’.

La composizione figurativa è stata interpretata per similarità di aspetto come seni gonfi; ma in verità una osservazione più attenta ai dettagli segnici ed il confronto con altri documenti consimili permette di riconoscere la configurazione del triangolo femminile definito da una ‘doppia banda’ e dalla fessura vulvare.
Appare un corpo ridotto alle cosce, che sembrano seni, ed ad uno ‘schema del femminile’; con la pelle istoriata da segni di profonde scarificazioni si delinea l’aspetto di un idolo con segni di intrecci, che richiama l’immaginario archetipico del passaggio della vita.

In un osso magdaleiano, 10.000 anni a.C., sono impressi segni simbolici che hanno già un carattere ideografico, rappresentanti la dea madre, la sua creatività materna; l’immagine di un pesce; le immagini di una X simbolo vulvare, di bastonetti’ simbolo della fecondazione maschile; come è documentato dagli studi archeologici.

Nell’epoca paleolitica si è sviluppata una importante attività figurativa naturalistica e parallelamente la definizione di una iconografia magica estremamente stilizzata, quasi forme di codice generalizzato, che ha costituito una piattaforma di base per l’evoluzione delle culture successive.”

Attraverso numerose immagini il dott. Simeti ci ha condotto in un percorso di riconoscimento dei simboli più ricorrenti di questa antichissima religione che si sono ripetuti nelle opere d’arte delle epoche successive sino ad arrivare ai nostri giorni e che si svelano solo a chi li sa “leggere”.

Dal mistero magico della fertilità alla personalizzazione del potere della Dea abbiamo scoperto una realtà sconosciuta e affascinante che ha lasciato in tutti il desiderio di approfondirne la conoscenza.

L.B.

ultimo aggiornamento della pagina: 1° dicembre 2013