Montale e la vera conoscenza

Relatrice: Isa Guastalla

Spesso il male di vivere ho incontrato:
era il rivo strozzato che gorgoglia,
era l’incartocciarsi della foglia
riarsa, era il cavallo stramazzato.

Bene non seppi; fuori del prodigio
che schiude la divina Indifferenza:
era la statua nella sonnolenza
del meriggio, e la nuvola, e il falco alto levato.

Isa Guastalla apre la conferenza con la biografia dell’autore (Genova 1896 – Milano 1981) per definire il periodo storico-politico, le influenze culturali e la geografia in cui è vissuto, e le donne amate. Montale partecipa alla I guerra mondiale, successivamente per dieci anni vive a Firenze come direttore del “Gabinetto scientifico e letterario Vieusseux” da cui viene allontanato per il suo rifiuto ad iscriversi al partito fascista. Nel 1948 entra al Corriere della Sera e si trasferisce a Milano. Trascorre, anche, lunghi periodi a Forte dei Marmi e a Monterosso, nella sua residenza estiva. Oltre alla produzione poetica, si dedica alla traduzione di classici inglesi, tra i quali T.S.Eliot.

Nel 1975 riceve il premio Nobel.

Il tema dominante della sua produzione poetica è la conoscenza; tutto il suo percorso procede verso l’approfondimento di questa indagine per arrivare alla conclusione che non è possibile dare una risposta all’esistenza ma solo dire “ciò che non siamo, ciò che non vogliamo”.

L’arte soltanto può raggiungere la vera conoscenza, può offrire un barlume di verità, può squarciarne i veli e coglierla ma senza trattenerla.

Guastalla chiarisce questi concetti dapprima citando Luzi: “Abbiamo sempre creduto che la poesia sia il massimo della conoscenza.” E il filologo Gianfranco Contini: “Gli Ossi sono un inventario del non essere”. E ancora cita Montale: La poesia moderna non può indicare la strada con certezza “…convinto che la vita ha un significato che ci sfugge. Ho bussato disperatamente come uno che attende una risposta”. Quindi con la lettura di liriche tratte da Ossi di seppia (1925, titolo metafora che serve a descrivere l’uomo, che con l’età adulta viene allontanato dalla felicità della giovinezza e abbandonato, al dolore, sulla terra come un inutile osso di seppia) come I limoni, Non chiederci la parola , Forse un mattino. Qui il poeta proclama la sua incapacità di conoscenza tranne quando la natura sa rappresentare il mondo interiore, la sua scabrosità, la sua angoscia esistenziale. Questo pensiero richiama Eliot che scrive:

“L’unico mezzo di esprimere una emozione in forma d’arte è di trovare un correlativo oggettivo; in altre parole una serie di oggetti, una situazione, una catena di eventi che diventeranno la formula di quella particolare emozione; cosicché una volta dati i fatti esterni che devono concludersi in una esperienza sensibile, l’emozione viene immediatamente evocata.”

Guastalla prosegue con “Cigola la carrucola” che rappresenta l’unione tra Ossi di seppia e la seconda raccolta Le occasioni (1939), di cui la II sezione prende il titolo di Mottetti. La dedica iniziale “a I.B.” è riferita a Irma Brandeis, la donna amata e perduta, che è presente nell’opera con il nome di Clizia. Americana di origine ebraica, Irma riparte per l’America nel 1939 e il poeta continua a pensare o sognare che lei torni per salvarlo. Le occasioni sono le occasioni della vita (incontri, ricordi, cose passate e presenti, persone e oggetti), ma neppure la memoria e il passato offrono ancore di salvezza così come non ne offre il presente.

Isa legge alcuni mottetti, tra cui:

La speranza di pure rivederti
m’abbandonava;
 

e mi chiesi se questo che mi chiude
ogni senso di te, schermo d’immagini,
ha i segni della morte o dal passato
è in esso, ma distorto e fatto labile,
un tuo barbaglio:

(a Modena, tra i portici,
un servo gallonato trascinava
due sciacalli al guinzaglio).

La bufera ed altro è la raccolta più dura ed ermetica (1956). La bufera indica la seconda guerra mondiale, mentre la parola altro si riferisce alle poesie scritte dopo la guerra. Già il titolo suggerisce un profondo significato: la bufera è quella particolare della guerra e quella universale riferita alla condizione umana. “L’altro si riferisce a una complicata vicenda personale, che s’intreccia alla guerra e al suo inferno: è la risposta del poeta al collasso storico-sociale, una specie di romanzo amoroso in cui l’amata assente, Clizia (Irma Brandeis), si trasfigura in un angelo salvifico che si oppone al destino di dannazione dell’io poetico e dell’umanità in generale.”

La bufera che sgronda sulle foglie
dure della magnolia i lunghi tuoni
marzolini e la grandine,

(i suoni di cristallo nel tuo nido
notturno ti sorprendono, dell’oro
che s’è spento sui mogani, sul taglio
dei libri rilegati, brucia ancora
una grana di zucchero nel guscio
delle tue palpebre)

il lampo che candisce
alberi e muro e li sorprende in quella
eternità d’istante – marmo manna
e distruzione – ch’entro te scolpita
porti per tua condanna e che ti lega
più che l’amore a me, strana sorella, –

e poi lo schianto rude, i sistri, il fremere
dei tamburelli sulla fossa fuia,
lo scalpicciare del fandango, e sopra
qualche gesto che annaspa…

Come quando
ti rivolgesti e con la mano, sgombra
la fronte dalla nube dei capelli,
mi salutasti – per entrar nel buio.

L’ultima produzione montaliana, inaspettatamente ricca e con un linguaggio non più aulico, prende l’avvio da Satura (1971. Satura è il piatto di primizie dedicato agli dei in primavera), in cui confluiscono anche le liriche del volumetto Xenia (1966. Xenia sono i bigliettini che accompagnavano i doni per gli ospiti), scritte per la morte della moglie Mosca, Drusilla Tanzi, e prosegue, come un’ininterrotta rivelazione, attraverso Diario del ’71 e del ’72 (1973), Quaderno di quattro anni (1977) e Altri versi (1981).

Lori Carpi – Isa Guastalla

 

ultimo aggiornamento della pagina: 4 marzo 2018

 

 

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