Conferenza a cura di Franca Tragni

Il Lunedì della Dante del 27 ottobre 2025, che vede come conferenziere all’ISREC di Parma Franca Tragni, è preannunciato dalla Gazzetta del 26, a pagina 9

La Gazzetta di Parma del 27 ottobre 2025 riserva a pagina 16 un secondo “lancio” per la conferenza di Franca Tragni dello stesso giorno
Nel quadro dei Lunedì della Dante Franca Tragni il 27 ottobre 2025 apre il pomeriggio spiegando di aver scritto questi testi in un momento di rabbia; rabbia che deriva da madri violate, da ragazze e ragazzi maltrattati, da bambine educate ad ubbidire sempre. “Noi donne siamo state educate al silenzio, a non essere troppo indipendenti e a non mostrare la nostra intelligenza perché poteva essere intesa come sfida al maschio.”
Dopo questa premessa, ha raccontato le storie di Maria di Magdala, Artemisia Gentileschi, Anna Goldin, Camille Claudel, Circe e Desdemona.
Donne realmente vissute e altre immortalate nei libri da grandi scrittori.
Recita Tragni con parole sue: “Mi hanno chiamato prostituta perché temevano il mio corpo. Maria di Magdala la peccatrice, la cagna, la lupa. Voi non sapete veramente cosa significhi essere vista dagli occhi di Dio. Lui, in mezzo alla folla, mi ha chiamato per nome, non mi ha chiesto del mio passato, della mia cattiva reputazione. Lui ha demolito quel muro con una sola parola: Seguimi. Io l’ho amato ed ero con lui nei momenti più duri, più dolorosi. Io ero lì anche sotto la croce. Come poteva Lui finire così? Poi andai al sepolcro, il terzo giorno, ma era vuoto. “Va e annuncia” a me, a una donna che nessuno ascoltava. Io sono la voce delle dimenticate, il volto delle redente.”
-Note storiche. Maria di Magdala fu una discepola e fedele seguace di Gesù, rimase con lui fino alla crocifissione e, secondo i Vangeli, fu la prima testimone della resurrezione e l’inviata da Gesù stesso ad annunciare l’evento agli altri discepoli. È una delle poche donne a essere menzionata esplicitamente nei Vangeli, che tramandano la sua vicinanza a Gesù durante la crocifissione, mentre gli apostoli si erano allontanati per paura. Nel Vangelo di Giovanni, è lei a recarsi al sepolcro per prima la domenica mattina e ad avvisare Pietro.
L’immagine di Maria Maddalena come prostituta è dovuta a una tradizione successiva, mentre i Vangeli canonici non la identificano come prostituta.
“Nata in un mondo che non mi voleva artista in vita, io vivo ancora oggi con il colore. Io ho dovuto gridare con le mani perché con la bocca non mi ascoltava nessuno.
A 17 anni mi lui ha presa nella mia casa, poi il processo, le accuse, le torture A me le torture.
Io dovevo dimostrare di dire la verità.
Io sono Artemisia. Ho dipinto Giuditta, Cleopatra, Susanna, Lucrezia con furia, con giustizia.
Io sono mani, occhi, forza. Le mie eroine sono mie sorelle, donne libere: ma per questo ho pagato. Tutti mi consideravano innanzitutto donna e poi pittrice, donna e da sottomettere. Oggi poco è cambiato. Gli uomini e il processo non mi hanno spezzato, mi hanno reso eterna.”
-Note storiche. Artemisia Gentileschi si forma a Roma nella bottega del padre Orazio Gentileschi e dimostra subito grandi capacità. La nascente fama è però offuscata dallo stupro subito dal pittore Agostino Tassi cui seguirà un famoso processo nel 1611. A questo periodo risale la prima versione della Giuditta che decapita Oloferne di Napoli. Nel 1612 viene combinato un matrimonio riparatore con un modesto artista fiorentino, Pierantonio Stiattesi, e Artemisia si trasferisce a Firenze, dove avrà quattro figli; nella città guadagna la fiducia di molti artisti e dei Granduchi. Entrerà anche nell’Accademia del Disegno, prima donna in assoluto a ricevere questo onore. Qui intesse un rapporto di stima e amicizia con Michelangelo Buonarroti il Giovane, per cui esegue le tela Allegoria dell’Inclinazione, dipinta per il soffitto di Casa Buonarroti; negli stessi anni realizza la Conversione della Maddalena e la Giuditta con la sua ancella (Firenze, Galleria Palatina). Nel 1621 torna a Roma dove non riesce a ottenere commesse pubbliche anche a causa della fama che la circonda. Tra il 1627 e il 1630 è a Venezia, dove dipinge la Giuditta e l’ancella di Detroit e il Ritratto di Gonfaloniere di Bologna. Nel 1630 si reca a Napoli: qui intesse rapporti alla pari con diversi artisti e ottiene finalmente delle commesse pubbliche per il Duomo di Pozzuoli. Nel 1638 è chiamata a Londra da Carlo I per cui dipinge l’Autoritratto nelle vesti della Pittura. Muore a Napoli nel 1653.
Nel 1782 in una Svizzera illuminata e moderna, Anna Göldin viene condannata come strega. In realtà era una serva e una guaritrice. Fu torturata e confessò l’inconfessabile. Fu decapitata il13 giugno 1782. Questa è la voce di Anna: -Sono cresciuta tra i monti della Svizzera. Eravamo poveri, i miei silenziosi. Ma ero bella e non lo nascondevo. Tutti mi chiamavano “Strega”, sottovoce, tra i denti. Ho dato acqua ad una bambina per lenire il suo dolore. Il mio peccato era di non appartenere a nessuno. Io parlavo alla natura ma era peccato. Ero serva nella casa di signori, la loro bambina era sempre malata. Un giorno sputò uno spillo.
Da qui lo scandalo. “Anna confessa se hai volato, se hai fatto un patto con il diavolo”. Prima negavo, poi sotto tortura ho detto sì.
“Domani morirò da Anna e mi vendicherò della vostra ignoranza. Voglio memoria.Ricordatemi come Anna.”
-Note storiche. Anna Göldin fu accusata di immettere nei biscotti, con i quali nutriva la figlia di Johann Jakob Tschudi- Elmer, degli spilli. Nella tazza per la colazione, nei biscotti e nel cibo vennero trovati degli spilli. Tutto era stregato, quindi lei era una strega.
Gli spilli aumentavano continuamente anche senza la sua presenza. Ma anche quando la strega non c’è, la stregoneria continua. La strega venne arrestata il 21 febbraio del 1782. La bambina intanto continuava a star male. Così la strega venne portata al cospetto della piccola bimba affinché togliesse la “magaria”. Il 15 marzo dello stesso anno incontra la bambina e dopo averla toccata comincia a star meglio tanto che guarisce vomitando tutti gli spessi possibili.
Questo fu un altro gesto di stregoneria.
Oggi Anna non è più una strega. La singolare decisione è arrivata solo il 27 agosto 2008, a distanza di 226 anni dalla decapitazione della donna, direttamente dalle autorità del parlamento del Canton Glarona, in Svizzera, territorio in cui Anna ha vissuto gli ultimi anni della sua vita. È stato stabilito che la condanna a morte per “avvelenamento” con accuse di stregoneria furono espresse da un’istanza non competente e in violazione dello stesso ordinamento giuridico dell’epoca.
Camille Claudel, scultrice, a 17 anni lascia la provincia e va a Parigi. Diventa allieva, modella e amante di Auguste Rodin. Molte opere attribuite al maestro sono sue. Dopo la rottura con Rodin comincia il declino. Passa trenta anni in manicomio.
Claudel sintetizza tutto l’insieme dei suoi sentimenti nel bronzo “La Valse”, che rappresenta due amanti che si abbracciano: – Qui il tempo si scioglie come cera, io lo sento come marmo. Rodin aveva mani geniali, le mie affamate. Rodin mi ha lasciato lì a seccare. Dopo la separazione, mi è stato tolto tutto, dicono per la mia sicurezza. Mia madre e mio fratello mi hanno tradito. Ma sento ancora la forza delle mie mani. Non ho mai dimenticato la forza delle mie mani. Rodin diceva che ero brava. Mi accusano di essere instabile, di parlare da sola.
Il mio dolore più grande è l’oblio. Se un giorno Rodin fosse ricordato come l’amante di Camille Claudel sarebbe proprio un bel giorno.
-Note storiche. Camille Claudel (1864-1943) fu una scultrice francese di straordinario talento. In un’epoca in cui l’Académie des Beaux-Arts era chiusa alle donne, studiò privatamente e a 17 anni si trasferì a Parigi per frequentare l’Académie Colarossi, dove conobbe Alfred Boucher e, successivamente, Auguste Rodin.
Sono noti il suo rapporto appassionato ma turbolento con Auguste Rodin e la vita segnata dalla tragedia e dall’esclusione sociale. Divenne assistente, modella e amante di Rodin, ma la relazione dopo circa quindici anni si concluse, lasciandola emarginata e segnata da problemi economici. La loro collaborazione influenzò reciprocamente il lavoro, ma il rapporto si incrinò anche a causa del sentimento di rivalità artistica di Claudel e delle presunte pressioni familiari. Famosa la sua scultura “La Valse” realizzata dopo una fugace avventura con Claude Debussy, che aveva lo scopo di far ingelosire Rodin e di fargli lasciare Rose Beuret, cosa che lui non farà; anzi l’anno dopo chiuderà definitivamente il rapporto con Camille. Negli ultimi 30 anni della sua vita, dal 1913 fino alla morte, visse in un manicomio per decisione della famiglia. Infatti una settimana dopo la morte del padre, la madre e il fratello Paul, ormai noto poeta cattolico, la rinchiusero nell’ospedale psichiatrico di Montfavet, vicino ad Avignone. Morì nel 1943, senza che nessun membro della famiglia assistesse al suo funerale. La sua opera fu riscoperta e rivalutata solo negli anni successivi alla morte, consolidando la sua fama come una delle grandi scultrici della fine dell’Ottocento e inizio Novecento. Il suo lavoro è oggi celebrato per la sua profondità emotiva e la sua maestria tecnica; “La Valse” realizzata tra il 1883 e il 1901 è stata riprodotta in quattro esemplari, alcuni in bronzo, che sono esposti al museo Rodin, al museo La Piscine di Roubaix, alla Neue Pinakothek di Monaco e al museo Camille Claudel.
“Io sono Circe, io sono quella che serve per abbattere muri. Ho fatto cadere le maschere dei Proci. Mio padre mi considerava un danno. Circe la sparviera, occhi gialli e brutta come una capra. Abbandonata in un’isola deserta mi sento ogni giorno più forte. Sono una donna curiosa, non sottomessa, libera. È una colpa essere bella? Ho imparato a viaggiare tra tempo e spazio. Ho imparato a pettinarmi, vestirmi, e ingioiellarmi.
Niente magie con Ulisse: mi inginocchiai e finsi di essere sottomessa. Mi avevano educato a mostrarmi debole davanti all’uomo. Poi tolsi ai naviganti la maschera da eroi e apparve la loro vera identità: il porco.”
-Note letterarie. In Omero, Circe è una potente maga che vive nell’isola di Eea e incontra Ulisse e i suoi compagni nell’Odissea. Figlia del dio Sole, il Titano Elio, e della ninfa Perseide, è sorella di altri personaggi mitologici come Eete e Pasifae. È nota per la sua capacità di trasformare gli uomini in animali, in particolare in maiali, ma Ulisse, grazie all’aiuto del dio Ermes, riesce a resistere al suo incantesimo e la costringe a restituire la forma umana ai suoi compagni. Dopo aver scoperto la sua magia, Circe si innamora di Ulisse e lo ospita per un anno, diventando una figura importante nella sua storia e trasformando la sua dimora in un luogo di ritrovo.
Mi fermai sulla porta della dea belle trecce,
e là fermo gridai; la dea sentì la mia voce.
Subito, uscita fuori, aperse le porte splendenti,
e m’invitava: e io la seguii sconvolto nel cuore.
Mi condusse a sedere su un trono borchie d’argento,
bello, ornato: e sotto c’era lo sgabello pei piedi.
Fece il miscuglio per me, in tazza d’oro, perché bevessi,
e il veleno v’infuse, mali meditando nel cuore.
Ma come me l’ebbe dato e bevvi – e non poté farmi incantesimo –
con la bacchetta colpendomi parlava parola, diceva:
«Va’ ora al porcile, stenditi con gli altri compagni». (Omero, Odissea, Libro X)
“La gelosia è un mostro dagli occhi verdi. Otello dici di tacere e di stare ferma. No, metti via il pugnale. Puoi uccidermi fra un quarto d’ora, ma in questo tempo io voglio esprimere il mio pensiero. -Vuoi passare alla storia come un assassino? Ripensa all’amore della nostra vita matrimoniale, alle tenerezze, ai ricordi più belli…
E Otello, alla fine, confessa che se Desdemona gli avesse parlato, si sarebbe salvata.
Le donne non devono tacere.
Ot. Adesso, adesso, in questo medesimo istante. Confessa dunque schiettamente la tua colpa; poiché il negarne ogni prova anche con sacramento non potrebbe distogliermi, nè cancellar dalla mia anima la convinzione che mi lacera e mi divora; tu sei per morire.
Desd. Iddio mi abbia misericordia.
Ot. Amen, ho già detto.
Desd. E abbiatemene voi ancora! — Io non vi ho mai offeso in vita mia; non ho mai amato Cassio, se non di quell’amore comune che il Cielo mi permetteva; non gli ho mai dato alcun pegno.
Ot. Pel Cielo! ho veduto il mio dono nelle sue mani. Oh donna spergiurai tu m’impetri il cuore, e mi spingi a commettere un omicidio, anziché un sacrifizio; ho veduto il mio dono. (Shakespeare, Otello. Atto V)
Visto l’interesse dei Soci, ho cercato di essere il più fedele possibile al racconto di Franca Tragni.
Lori Carpi
ultimo aggiornamento della pagina: 30 ottobre 2025
