I giardini botanici di Hanbury

Relatrice: Fabrizia Fossati

Fabrizia Fossati, docente di Botanica sistematica presso l’Università di Parma e curatrice dell’Orto Botanico di Parma sino al 2006, il 2 dicembre 2019 ha intrattenuto i presenti con una interessantissima conferenza sui giardini di Hanbury, alla Mortola (mirto) di Ventimiglia. Un angolo verde di paradiso affacciato sul mare.

La presentazione è stata suddivisa in due parti: la storia e le specie botaniche.

I Giardini ebbero origine nel 1867 quando Thomas Hanbury acquistò l’antica Villa Orengo ed il terreno situato sul promontorio di Capo Mortola per trasformarlo in un giardino di acclimatazione di piante esotiche, aiutato dal fratello Daniel, farmacista e botanico. Il podere, dell’estensione complessiva di 18 ettari, era costituito nella parte centrale da oliveto e, in parte minore, da agrumeto e vigneto, colture tipiche della Liguria, mentre le parti più scoscese erano, come del resto sono oggi, coperte da vegetazione naturale rappresentata da pino d’Aleppo, leccio, mirto.
Il giardiniere e paesaggista tedesco Ludovico Winter venne assunto nel 1868 come progettista e capo giardiniere.
Ebbero inizio imponenti opere sia nella casa sia all’esterno. Fin dal 1867 Thomas Hanbury stabilì contatti con giardini e con stabilimenti orticoli della vicina riviera francese e negli anni successivi ricercò la collaborazione di studiosi di tutto il mondo.

Aveva destinato infatti circa la metà del giardino a coltivazione di piante esotiche provenienti dai Paesi più diversi; nei restanti nove ettari mantenne la vegetazione mediterranea. Ben presto, vicino al paese de La Mortola si stabilì un piccolo gruppo di giardinieri che lavoravano in giardino con gli abitanti della zona.
A partire dal 1880 ebbero impulso le attività scientifiche: vennero chiamati valenti botanici tedeschi: Gustav Cronemayer, Kurt Dinter e Alwin Berger; incominciarono gli scambi di giardinieri e di studiosi con l’estero, specialmente con i Giardini di Kew. Venne costruito un edificio atto ad accogliere la biblioteca e l’erbario. Piante ancora ignote approdarono alla Mortola, dove erano classificate, descritte ed i tipi viventi conservati nelle varie aree del giardino. Con queste basi Alwin Berger ebbe materiale sufficiente per studiare ed effettuare revisioni sistematiche.
Alla morte di Thomas Hanbury (1907) i Giardini erano conosciuti in tutto il mondo per la loro ricchezza di piante tropicali e subtropicali e l’importanza scientifica delle collezioni.

Il periodo della Prima Guerra Mondiale, con il ritorno dell’ultimo curatore Alwin Berger in Germania, segnò un’epoca di grave degrado. Al termine del conflitto fu il primogenito di Thomas, Cecil, che decise di rimettere mano alla proprietà con l’aiuto della moglie Dorothy. Si accollò un lavoro imponente di ristrutturazione, manutenzione, riorganizzazione, restauro, nuovo arricchimento del patrimonio vegetale, scientifico, storico e artistico. È questo il periodo in cui si inizia a dare spazio all’aspetto paesaggistico, realizzando scorci panoramici, altri viali, vialetti, fontane.
L’aspetto scientifico continuò, naturalmente, ad essere praticato.
La Soprintendenza vincolò la proprietà riconoscendone il valore architettonico, paesaggistico e culturale, con la Legge 1089 del 1939.
Dorothy risiedette alla Mortola anche dopo la morte del marito, avvenuta nel 1937, ma nel 1940 i Giardini, appartenenti a cittadini inglesi, furono confiscati e affidati al Banco di San Paolo.

Durante la seconda guerra mondiale i Giardini, occupati prima dalle truppe italiane, poi da quelle tedesche, subirono gravissimi danni. Nel 1944 la proprietà venne bombardata, saccheggiata e, naturalmente, abbandonata. Nel 1945 Dorothy iniziò l’opera di ricostruzione, ma questa risultò superiore alle sue forze economiche al punto che dovette chiedere un pubblico aiuto. La vendita allo Stato Italiano avvenne solo nel 1960 e, due anni dopo, alla ratifica dell’atto, i giardini vennero affidati all’Istituto Internazionale di Studi Liguri, quindi passarono in gestione al Ministero per i Beni Culturali e poi alla Soprintendenza per i Beni Ambientali ed Architettonici della Liguria, infine, nel 1987, all’Università di Genova. E da questo momento la Fossati, docente dell’Ateneo, se ne innamorò e se ne fece carico coltivando la ricerca e l’attività scientifica, senza trascurare la splendida bellezza del luogo.

Nella seconda parte dell’incontro, la relatrice ha proiettato una ricca varietà di fiori, coltivati alla Mortola, molti dei quali del tutto sconosciuti per la loro origine lontana e si è soffermata su alcune delle più importanti collezioni, come quelle dei generi Rosa, Peonia, Salvia, Bignonia, Bromelia… infine le Succulente, il Giardino dei Profumi, il Frutteto Esotico.

Il pubblico ha ammirato le immagini delle specie vegetali, ma soprattutto la competenza e la passione di Fabrizia Fossati.

Al termine della conferenza, su richiesta, e rispondendo a numerose domande interessate, ha parlato della Violetta di Parma, la Viola odorata Duchessa di Parma, della cui cura e conservazione si sta occupando insieme con gli Amici dell’Orto Botanico che gestiscono la manodopera volontaria per la cura del Giardino, in collaborazione con l’Università di Parma, per rivalutarne il prestigio.

La Viola odorata Duchessa di Parma è una pianta erbacea, perenne stolonifera. I suoi fiori doppi, fitti di petali color viola malva, con cuore bianco. regalano un ineguagliabile profumo e struggente bellezza da novembre a maggio. La violetta a fiore doppio non è presente in natura allo stato spontaneo; i suoi fiori sono sterili. Non producendo semi, la sua riproduzione avviene per via vegetativa (per stoloni o per divisione di cespi) grazie a tecniche colturali. È una pianta particolarmente delicata, teme il gelo invernale e il caldo estivo.

Le sue origini sono oscure: i primi documenti che parlano di viole a fiore doppio, di diversi colori, coltivate in giardini, risalgono al XVI secolo, ma di questa varietà si è persa ogni traccia. Riappare in Italia con i Borbone, classificata come Viola odorata italica Pallida plena, introdotta dalla Catalogna (portata in Spagna dai Mori); dovrebbe trattarsi di una ibridazione naturale casuale tra la Viola naturale spontanea e qualche specie orientale. Da Napoli si diffuse in tutta Europa. Gli Inglesi la chiamarono “Neapolitan Violet”. Dai Borbone le viole a fiore doppio giunsero a Parma. L’ambasciatore inglese Hamilton ne fu il primo coltivatore e promotore. Ebbe inizio così la selezione che portò alla “Viola di Parma”. Fu all’arrivo della Duchessa Maria Luigia d’Austria nel 1816 che la violetta a fiore doppio venne ribattezzata Viola odorata Duchessa di Parma”. (da uno studio degli Amici dell’Orto Botanico).

Un fiore diventato leggenda.

L. C.

ultimo aggiornamento della pagina: 13 dicembre 2019