Parole latine
nel nostro quotidiano

Relatrice: Isa Guastalla

Computer, audio, video, curriculum, referendum, missile, egregio, deficit, legenda, bis, virus: è un fiume di parole quello che Isa propone ai Soci durante la conferenza “Parole latine nel nostro quotidiano” il 6 marzo 2017 per i Lunedì della Dante di Parma.

Nella sua esposizione si avverte grande competenza unita a profonda passione per la lingua latina e la sua storia, per i mutamenti morfologici, fonetici e sintattici, per le innovazioni lessicali.

L’intervento si sviluppa lungo tre linee principali: la lingua evolve e si arricchisce in modo inarrestabile; il latino si è contaminato nell’incontro con lingue straniere e dialetti; ancor oggi si usano, consapevolmente o meno, gli stessi vocaboli usati dagli antichi Romani.

Isa Guastalla mostra, con vari esempi, come le parole mutino in continuazione perché le invenzioni, le scoperte  e le peculiarità della vita hanno sollecitato nelle varie epoche e sollecitano tuttora l’introduzione di migliaia di neologismi. Molte trasformazioni sono avvenute anche per la caduta delle desinenze e l’abbandono delle declinazioni imponendo, come conseguenza, l’uso dell’articolo e delle preposizioni articolate. Tutto questo si è verificato più velocemente nella lingua parlata incline alla semplificazione e più ricettiva alle influenze esterne, mentre nella lingua scritta sono rimaste regole e costruzioni grammaticali codificate dai testi dei grandi autori, come Cicerone e Cesare. Si può parlare di due lingue parallele, ma quella plebea prevalse e si diffuse sul vasto territorio dell’impero e più tardi si trasformò nelle cosidette lingue neolatine.

Ne è esempio l’Appendix Probi del 300 d.C., in cui il maestro elenca centinaia di vocaboli corretti a fronte di quelli volgari per insegnare ai suoi alunni la lingua classica: auris non oricla, calida non calda, oculus non oclus, speculum non speclum,vetulus non veclus,, viridis non virdis. Ma il suo tentativo, come si sa, fu inutile.

Isa si sofferma inoltre  sui prestiti e gli scambi linguistici fra gente diversa e sulla penetrazione del latino nella radice delle parole e nella costruzione della frase dei popoli conquistati o conquistatori. Spiega che “To go home” (andare a casa) è senza preposizione come i complementi di moto davanti a domus, da cui home deriva.

Porta un altro esempio tratto dal francese: nella frase impersonale “on dit” (si dice), on deriva dal latino homo.

E ancora ricorda la diffusione in vari stati del nome Caesar (letto come è scritto, al modo dei Romani nell’età classica, e che significa, per antonomasia, potere imperiale) per designare il sovrano: Kaiser in Germania, Czar in Russia e Scià in Persia.

Ma nonostante la continua evoluzione della lingua, nel nostro quotidiano usiamo numerosissimi vocaboli latini, tali e quali.

Alcuni non sono mai stati abbandonati perché d’uso comune; altri più classici sono stati conservati dalla Chiesa per la sua funzione ecumenica e dagli uomini dotti, come giuristi, scienziati e scrittori; altri ancora sono stati ripresi successivamente, come in botanica per denominare le piante nel 1700 (con lo stesso procedimento la medicina moderna ha attinto al vocabolario greco).

Così oggi entrano nel nostro linguaggio e si mescolano spontaneamente pro memoria e cellulare, ex aequo e buffet, fac simile e drone, statu quo e week end, mea culpa e realtà virtuale, via crucis e facebook.

Sono certa che molti soci, dopo questo incontro, presteranno maggior attenzione alle parole usate o lette alla ricerca di antiche tracce romane.

Lori Carpi

 

ultimo aggiornamento della pagina: 1° aprile 2017