I colori nascosti
di Benedetto Antelami.
Docu-film

Relatore: Francesco Barilli

5 marzo 2018

C’era molta aspettativa da parte dei soci per questo incontro dal momento che il Duomo, alla prima proiezione del filmato, era gremito di persone.

Anche il pomeriggio della Dante si è rivelato un successo. L’alta professionalità di Lucio Rossi, la sua cultura unita ad una forte abilità comunicativa e le sue splendide fotografie su carta hanno destato grande interesse e massima attenzione nei presenti. Rossi ha spiegato la genesi del ritrovamento dei colori (blu lapislazzulo, rosso e verde) sulla cornice e sui nomi a niello della lastra di Benedetto Antelami, il lungo silenzio su questa interessante scoperta dovuta alla sua perizia fotografica e alle più moderne tecnologie informatiche ed infine la realizzazione del docu-film con Francesco Barilli.

Barilli a sua volta, a conclusione dell’incontro, ha manifestato il suo profondo amore per la città, da lui ritratta, descritta e filmata tante volte negli aspetti più vari, seguendo le orme artistiche e culturali dei suoi famosi antenati. Dal discorso sono emerse una passione inesausta per il suo lavoro e una volontà inarrestabile anche davanti agli ostacoli più grandi: questo video ne è un esempio.

Il docu-film parte dal Medioevo con Antelami che giunge dal lago di Como a Parma per eseguire una commissione prestigiosa: la Deposizione di Cristo. È un affermato architetto e scultore e lascerà in città la sua impronta indelebile.

Nel filmato scorrono le immagini delle sculture nel Duomo e nel Battistero, che evidenziano la bellezza delle opere e i dettagli più nascosti dei particolari, l’importanza della luce, la vivacità dei colori miracolosamente conservati e, per la prima volta, si vede la Deposizione colorata come doveva apparire agli uomini del Medioevo, grazie a ricostruzioni tecnologiche avanzate.

Questo capolavoro non solo è un’opera di ottima fattura, ma anche una rappresentazione religiosa, poetica e filosofica e rivela appieno la ricchezza culturale in cui è maturata e la sua funzione didattica.

La lastra di marmo risale al 1178:

“Anno milleno centeno septuageno octavo scultor pat[ra]vit
m[en]se se[c]u[n]do Antelami dictus sculptor fuit hic Benedictus

È Benedetto a firmare la sua opera, cosa rara in quell’epoca, a dimostrazione di una buona dose di sicurezza nelle proprie capacità artistiche.

La Deposizione, ora murata nel transetto del Duomo, faceva parte con altre due lastre di un ambone smembrato e disperso, come il pontile, nel Cinquecento quando venne costruita la grande scalinata che sale all’altare.

La scena a rilievo è inquadrata su tre lati da un’ampia fascia, eseguita a niello, recante motivi di girali d’acanto, mentre la cornice che sporge in alto è ornata da rosette.

La sacra rappresentazione è dominata dalla croce centrale, che divide lo spazio geometricamente in quattro parti. I due settori in alto sono occupati dalle figure degli arcangeli, Gabriele a sinistra e Raffaele a destra, disposti in orizzontale a proseguimento dei bracci della croce. Nei due angoli si vedono le rappresentazioni simboliche del sole e della luna, nelle corone.
Domina, al centro, la figura di Cristo in dimensioni maggiori rispetto agli altri personaggi.

Da destra, seguendo una lettura cronologica, alcuni soldati romani seduti in basso si spartiscono a dadi la veste preziosa (perché senza cuciture) di Gesù appena posto sulla croce. La torsione e le pieghe della veste assieme alle teste variamente inclinate dei soldati danno un senso di forte circolarità, di movimento.

Dietro, i giudei in fila seguono il centurione che, con lo scudo e la spada, conduce alla morte il figlio di Dio. Sotto la croce la Sinagoga, perdente e con il vessillo spezzato, è costretta dall’Angelo a piegare il capo.

In sequenza si vede Nicodemo, sulla scala, intento a togliere i chiodi dalla croce per procedere alla deposizione del Cristo morto.

Da sinistra Giuseppe d’Arimatea, con una presa sicura ma nello stesso tempo delicata, accoglie tra le sue braccia il corpo esangue e lo sostiene appoggiando la guancia al costato ferito. La Madonna dolente sorregge il braccio del figlio, seguita da san Giovanni. Davanti a lei, la Chiesa ha un calice in una mano per raccogliere il sangue di Cristo e nell’altra un vessillo che porta la scritta: Ecclesia exaltatur. Chiudono il corteo, Maria Salomè, Maria di Giacomo e Maria Maddalena: le tre Marie che andranno al sepolcro e lo troveranno vuoto. Queste figure sono staticamente allineate, ma proprio dalla loro ripetizione si genera quasi un effetto di movimento, un procedere cadenzato verso il centro.

Tutti i personaggi sono riconoscibili attraverso precise iscrizioni incise a niello in caratteri gotici.

Questa esperienza così ricca di suggestioni culturali ci fa sperare in un prossimo incontro, in autunno, con gli autori.

 

Marisa Dragonetti – Lori Carpi

 


 

ultimo aggiornamento della pagina: 11 marzo 2018

 

 

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