Figure di donna incontrate da Dante
relazione

La conferenza, avviata alle ore 16.30, è stata seguita da un numero notevole di partecipanti, ben centotrentasei.

Il discorso ha preso l’avvio dalla figura di Beatrice, che Dante colloca nella prima e nella seconda cantica, e che diviene poi la guida che lo conduce di cielo in cielo, per lasciarlo nelle mani di San Bernardo per lo slancio finale della contemplazione di Dio, quel punto luminoso in cui si conclude l’esperienza umana e spirituale del suo viaggio.

Introducendo Beatrice nella Commedia Dante porta a compimento la promessa con la quale si conclude la Vita Nova, di dare della donna amata un’altra loda. Beatrice è tratteggiata seguendo i canoni dello Stilnovo, la sua bellezza è luminosa, il parlare ‘soave e piano’, ma Dante potenzia le virtù salvifiche della donna cantata dai poeti stilnovisti. Essa infatti non solo con la sua bellezza fa tralucere in terra il senso della bellezza di Dio, ma conduce il suo devoto, lo esorta, lo riprende, è materialmente a fianco di Dante, nel Paradiso, per condurlo di cielo in cielo fino alla vigilia del compimento del suo viaggio.

Altre donne, fra le numerose che compaiono nella Commedia, sono state scelte dalla conferenziera, per dimostrare la capacità di Dante di delineare in pochi versi un personaggio, di narrare una storia. Francesca da Rimini, strettamente legata all’amato Paolo, narra la sua vicenda amorosa ricorrendo ancora una volta ai canoni stilnovistici: ‘Amor, che al cor gentil ratto s’apprende… Amor che a nullo amato amar perdona… Amor condusse noi ad una morte’. La commozione di Dante, il suo cadere a terra, denunciano tutto il turbamento del poeta che conosce un aspetto dell’amore che contrasta con la sua funzione salvifica: non strumento di elevazione fino a Dio, ma causa di peccato e di dannazione.

Nel personaggio di Pia dei Tolomei Dante sa tradurre in pochi versi una vicenda umana di amore e morte: ‘Salsi colui che innanellata pria / disposando m’avea con la sua gemma’: un’accusa velata (ma non troppo) al marito assassino, ma soprattutto l’allusione della donna innamorata all’uomo amato nel momento più esaltante della sua vicenda umana, il dono dell’anello nuziale. Altrettanto drammatica è la vicenda di Piccarda Donati che, ‘rapita de la dolce chiostra’, strappata cioè con violenza dalla vita monastica liberamente scelta per subire un matrimonio politico, parla della violenza patita con tono velato e distaccato: ‘Uomini poi… fuor mi rapiron de la dolce chiostra: Iddio si sa qual poi mia vita fusi’. Distacco, ma profondo dolore, necessità di subire una vita non scelta, ma costretta dalla prepotenza del fratello Corso e dei suoi accoliti di parte nera.

Dante affronta questi personaggi con mirabile capacità di sintesi, riuscendo a delineare in pochi versi una vicenda umana, tragica nella sua durezza, che si inserisce nell’ampio quadro della società del tempo di cui anch’egli ha subito i contrasti e la violenza in un esilio mai rimosso dalla sua coscienza.

L’incontro in streaming si è concluso alle 17.30. Si può dire che è stata un’esperienza positiva.

Dante e Virgilio nel Canto V dell'Inferno incontrano Paolo e Francesca, olio su tela di Giuseppe Frascheri, 1846, Civica Galleria d'Arte Moderna Savona

Dante e Virgilio nel Canto V dell’Inferno incontrano Paolo e Francesca.
Olio su tela di Giuseppe Frascheri, 1846, Civica Galleria d’Arte Moderna Savona
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ultimo aggiornamento della pagina: 26 febbraio 2021