Dante e l’astrologia

Relatore: Italo Comelli

Comelli, con la profonda conoscenza e la passione per la Divina Commedia che lo contraddistinguono, il 22 ottobre ha introdotto l’argomento partendo dal Convivio nel quale Dante si sofferma sull’argomento e tratta dei cieli:6. Sì che secondo lui [Tolomeo], secondo quello che si tiene in astrologia ed in filosofia poi che quelli movimenti furon veduti, sono nove cieli mobili… 7. Ed è l’ordine del sito questo, che lo primo che numerano è quello dove è la Luna; lo secondo è quello dov’è Mercurio; lo terzo è quello dov’è Venere; lo quarto è quello dove è lo Sole; lo quinto è quello di Marte; lo sesto è quello di Giove; lo settimo è quello di Saturno; l’ottavo è quello de le Stelle; lo nono è quello che non è sensibile se non per questo movimento che è detto di sopra lo quale chiamano molti Cristallino, cioè diafano, o vero tutto trasparente. 8. Veramente, fuori di tutti questi, li cattolici pongono lo cielo Empireo, che è a dire cielo di fiamma o vero luminoso; e pongono esso essere immobile per avere in sé, secondo ciascuna parte, ciò che la sua materia vuole”. (Trattato II, Cap. III)

Nel Convivio Dante paragona i sette cieli alle sette arti del trivio e del quadrivio: la Luna alla Grammatica, Mercurio alla dialettica, Venere alla retorica, il Sole all’aritmetica, Marte alla musica, Giove alla geometria e Saturno all’astrologia. Sottolinea due aspetti del cielo di Saturno, l’essere il più lento dei pianeti nel suo movimento e il più alto, cioè il più lontano. Tra tutte le Arti l’astrologia è la scienza più nobile, perché si occupa dei cieli, ma i cieli sono la dimora di Dio. Dice testualmente. “E questa (l’astrologia), più che alcuna delle sopradette è nobile e alta per nobile e alto subietto, ch’è de lo movimento del cielo; e alta e nobile per la sua certezza. La quale è sanza ogni difetto, sì come quella che da perfettissimo e regolatissimo principio viene.”

Dante cita nella Divina Commedia tutti i sette pianeti, numerose costellazioni, alcune stelle, lo zodiaco, l’equatore. Grande importanza assume il pianeta (stella) sole. Nell’opera il sole è citato ben 42 volte; ed è ricordato sotto vari significati: come grado di importanza tra i pianeti, come metafora di persone, come valore morale.

Quindi elenca i tanti significati dell’opera e la sua struttura, infine cita a memoria i passi che con maggiore evidenza mostrano la concezione astrologica del poeta collegata alla teoria astronomica tolemaica e sottolineano le influenze astrali sul carattere e sul destino degli uomini. Ne riportiamo qualcuno.
 

Surge ai mortali per diverse foci
la lucerna del mondo; ma da quella
che quattro cerchi giugne con tre croci,

con miglior corso e con migliore stella
esce congiunta, e la mondana cera
più a suo modo tempera e suggella

Sono versi della I Cantica del Paradiso, quella più interamente cosmologica, metafisica ed astronomica di tutta la Divina Commedia. Fanno riferimento all’equinozio di primavera, condizione astrale particolarmente favorevole perchè il sole si trova nel segno dell’Ariete come nel momento della Creazione e della nascita di Gesù, e anche del viaggio del poeta.

In numerosi passi dell’opera dantesca sono contenuti espliciti riferimenti alla dottrina astrologica, con riferimento al reale potere o influenza dei cieli e delle stelle sulle vicende umane. Alcuni sono riferiti dallo stesso Dante, altri da Beatrice, e altri ancora attribuiti a vari personaggi (Brunetto Latini, Cunizza da Romano, Folco di Marsiglia, Cacciaguida ecc.)

Nei gironi infernali Dante incontra, sotto una pioggia di fuoco, Ser Brunetto Latini: si trova nel terzo girone del VII cerchio (Inf. XV) – quello dei violenti contro Dio, natura e arte – ma, nonostante la colpa infamante alla quale è condannato, il poeta mostra verso il suo maestro un atteggiamento di grande rispetto Alla sua domanda sulla particolarità di questo viaggio da vivo nel regno ultraterreno spiega brevemente il perché del suo cammino volto al ritorno al cielo dopo lo smarrimento nella valle del peccato. E allora il grande retore fa a Dante una predizione:

Ed elli a me: «Se tu segui tua stella,
non puoi fallire a glorïoso porto,
se ben m’accorsi nella vita bella;
 

Il Canto IX del Paradiso conferma la concezione dantesca sulle influenze astrali  con queste parole di un’anima del cielo di Venere:

D’una radice nacqui e io ed ella:
Cunizza fui chiamata, e qui refulgo
perché mi vinse il lume d’esta stella;

 

Cunizza da Romano dichiara infatti di mostrarsi nel cielo di Venere, perché fu soggetta alle irradiazioni di tale stella. E non trova strano il fatto che, per la soggezione alla dea dell’amore, per una innata inclinazione amorosa (che dapprima la travolse e vinse nella lussuria, ma poi, usata rettamente, divenne fervore di carità e amore celeste), sia stata destinata per l’eternità alla salvezza.

Nel lasciare il settimo cielo, quello di Saturno, per entrare nell’ottavo, quello delle Stelle Fisse, Dante si trova nella costellazione dei Gemelli, che fa parte del medesimo cielo. Nella concezione astronomica antica e medievale il sole transita nella costellazione dei Gemelli nel periodo tra il 21 maggio e il 21 giugno. Nella tradizione astrologica questa  costellazione tramette il dono della parola, del comunicare, dello scrivere, della capacità di linguaggio e quindi del poetare.

Dante che è nato nel maggio del 1265 in un periodo in cui il sole transita nella la costellazione dei Gemelli, ha risentito del suo influsso e rivolge ora, nel momento in cui lascia il cielo di Saturno, un grandioso canto di gratitudine alle stelle dei Gemelli, da cui ha derivato la benefica capacità comunicativa e l’ingegno di poeta:

O gloriose stelle, o lume pregno
di gran virtù, dal quale io riconosco
tutto,qual che sia, lo mio ingegno

con voi nasceva e s’ascondeva vosco
quelli ch’è padre d’ogni mortal vita
quan’io senti’ di prima l’aere tosco;

e poi quando mi fu grazia largita
d’entrar ne l’alta rota ch vi gira
la vostra region mi fu sortita.

A voi divotamente ora sospira
l’anima mia, per acquistar virtute
al passo forte che a sé la tira

(Par XXII 112-123)

 

Il XVI canto del Purgatorio – canto centrale di tutta la Commedia, in quanto cinquantesimo – con l’incontro tra il poeta e Marco Lombardo, nel terzo girone degli iracondi, permette di evidenziare la sua posizione critica dei confronti delle influenze astrali. I versi che Comelli ha recitato espongono la dottrina del libero arbitrio. Marco Lombardo invitando Dante a pregare per lui al ritorno sulla terra, aggiunge

(Purg. XVI, 65- 84):

 

Voi che vivete ogni cagion recate
pur suso al ciel, pur come se tutto
movesse seco di necessitate.

Se così fosse, in voi fora distrutto
libero arbitrio, e non fora giustizia
per ben letizia, e per male aver lutto.

Lo cielo i vostri movimenti inizia;
non dico tutti, ma posto ch’i’ ’l dica,
lume v’è dato a bene e a malizia,

e libero voler; che, se fatica
nelle prime battaglie col ciel dura,
poi vince tutto, se ben si notrica.

A maggior forza ed a miglior natura
liberi soggiacete; e quella cria
la mente in voi, che ’l ciel non ha in sua cura.

Però, se ’l mondo presente disvia,
in voi è la cagione, in voi si cheggia;
e io te ne sarò or vera spia.

 

Questi versi chiaramente ribadiscono il libero arbitrio e la libertà dell’uomo nei secoli del Medio Evo, negando all’astrologia potere sulla volontà umana. Per Dante le stelle predispongono gli impulsi umani, ma l’anima è creata direttamente da Dio, ha la capacità di vedere il bene e di usare la libertà per perseguirlo. Egli rivendica la libertà dell’uomo dagli influssi astrali riconoscendo peraltro la necessità della Grazia, rappresentata nel poema da Lucia e da Beatrice.

Alla fine Comelli ha abbinato i diversi cieli e la loro influenza ai personaggi incontrati da Dante nell’al di là, dimostrando come ciascuno avesse caratteristiche tipiche del segno astrale. E anche Dante stesso, in quanto nato nel segno dei gemelli, godeva di una chiara predisposizione verso la scrittura.
 

Lori Carpi

ultimo aggiornamento della pagina: 4 novembre 2018

 

 

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